Nell'intervista di F. Vincitorio pubblicata su “L’espresso” il 21 giugno 1981, Bruno Di Bello parla del rapporto con Man Ray come elemento fondante per identificare la sua ricerca.
D: Dunque Man Ray come padre dichiarato?
R: Certamente. Perché Man Ray è, oggi, l’elemento fecondante della mia ricerca. Anche se l’elemento fecondato, cioè l’elemento femminile, materno, rimane Klee. Il quale, come ricorderai, ha ispirato in passato parecchi dei miei lavori. Posso Aggiungere che i figli maschi, si sa, in genere assomigliano più alla madre.
D: Come mai a te che sei un pittore, di Man Ray, interessa solo l’attività fotografica?
R: Sono ormai 15 anni che il mio studio è una camera oscura ed ho sostituito i pennelli con un ingranditore, le bacinelle e la tela fotografica. Però considero il mio lavoro come facente parte, strettamente, della tradizione della “pittura”. È stato proprio lui, negli anni Venti, a chiudere la disputa, che durava da 50 anni, tra fotografia e pittura. Con i suoi rayographs ha dimostrato che la fotografia è un procedimento dell’immaginazione in senso ottico e mentale e che l’apparecchio era soltanto un sussidio meccanico di cui si poteva fare anche a meno. Da 5 anni il mio lavoro consiste in una grafia di segni elementari, tracciati con una lampadina su tela sensibile. Negli ultimi tempi la tecnica si è fatta più complessa. Vari miei segni che dialogano con altri segni, come ad esempio foto di particolari del corpo femminile. Infatti, un altro aspetto del lavoro di Man Ray che mi ha molto interessato è stato quello che lui chiamava: l’esplorazione poetica, vale a dire sessuale, del viso e del corpo femminile.
[F. Vincitorio, intervista a B. Di Bello, in “L’espresso”, 21 giugno 1981]
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