Una parete coperta da una serie di ‘segni di luce’ verticali con un intervallo tra ognuno di essi, in uno di questi è posto un video che si sostituisce materialmente e idealmente ad una delle tracce. Nel primo fotogramma del videotape vi è l’immagine di George Grosz e John Heartfield con un manifesto sul quale è scritto “Die Kunst ist tot” (L’arte è morta); si susseguono i fotogrammi in cui Bruno Di Bello è ripreso mentre realizza i suoi ‘segni di luce’ che in questo caso sono le lettere che, appese una ad una, vanno a formare la frase, che compare nel fotogramma finale, “Die Kunst ist lebendig. Die Kunst ist Licht” (L’arte è viva. L’arte è luce.) L’installazione mostra il modo di realizzazione della ‘scrittura di luce’ e al tempo stesso si costituisce come una riflessione sull’arte che, partendo dalla constatazione negativa di Grosz e Heartfield, attraverso l’indagine analitica, giunge ad affermare la validità dell’arte e compie un passo avanti dichiarando che “L’arte è luce” sia in riferimento al nuovo metodo di lavoro sia al valore dell’arte come illuminazione.
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